La società di streaming ha risposto a un articolo che l’ha accusata di assumere i produttori per creare canzoni sotto falsi pseudonimi.
Un portavoce di Spotify ha negato le accuse che l’azienda ha imbottigliato le sue playlist con artisti inesistenti.
Music Business Worldwide ha fatto originariamente le sue accuse l’estate scorsa, sostenendo che le fonti all’interno della società avevano confermato i loro sospetti.
Hanno sostenuto che Spotify stava risparmiando soldi assumendo artisti anonimi per produrre canzoni sotto falsi pseudonimi e offrendo loro un pagamento di una volta, piuttosto che pagare onorari pesanti in base al numero di flussi.
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La scorsa settimana Vulture ha ripreso le accuse in un ampio articolo sul problema dello spam della piattaforma, per cui gli utenti sono in grado di far giocare il sistema per disattivare in modo disinteressato le entrate.
Essi indicavano in particolare una playlist di proprietà di Spotify, una selezione di musica strumentale ambientale chiamata “Sleep“, come un possibile esempio del programma falso di artisti in azione. Su quella playlist c’è una traccia di Enno Aare, una band con quattro brani su Spotify e nessuna prova della loro esistenza altrove sul Web.
Oggi Spotify ha risposto in una dichiarazione data a Billboard:
“Non facciamo e non abbiamo mai creato artisti “falsi” per metterli sulle nostre playlist. Categoricamente falsi, STOP! Noi non possediamo diritti, non siamo un’etichetta, tutta la nostra musica è concessa in licenza”